Oggetti in viaggio

Torselli di Lino e Cotone / Danimarca

Scritto da: Spazio Personale

Da qualche parte in un baule, credo che tutte le famiglie dell’Italia centrale ne abbiano posseduti alcuni. E’ una sorta di capsula del tempo, arrivata fino a noi da lontano, che ci dà in modo più evidente rispetto ad altri oggetti la misura del cambiamento. Non esistevano le lenzuola e le tovaglie confezionate nel dopoguerra. Occorreva tessere con il telaio manuale ogni singolo pezzo di stoffa che diventava un bene prezioso. Le madri si preoccupavano di farne realizzare in adeguata quantità per le loro figlie, affinchè nel momento in cui si sarebbero sposate, avrebbero potuto trasformare quei rotoli in lenzuola, tovaglie, asciugamani e tende. Il colore di questa stoffa compatta, spesso ruvida al tatto, è un avorio deciso, che andava il più possibile virato verso il bianco. Dai racconti di mia madre, immagino questi lunghissimi teli srotolati sul prato e bagnati, in modo che il sole li potesse schiarire. Sono immagini gioiose quelle che vedo, con bambine spensierate che giocano nel tepore di una campagna assolata all’inizio degli anni sessanta. Questa immagine in pochi secondi si tinge di inchiostro nero e cupo. Il nero del lutto che stravolge le vite e lascia una foto in bianco e nero sul comodino al posto del calore dell’amato marito e adorato padre.

Mia mamma era una bambina, aveva solo nove anni quando suo padre è morto improvvisamente, e il ricordo più nitido che ha conservato è del suo cappottino celeste polvere, che senza possibilità di replica mia nonna aveva immerso nella tintura nera insieme alle loro vite. Non si è mai risposata mia nonna, per timore che un estraneo in casa sua facesse del male alle sue bambine e ha fatto tutti i lavori più umili con estrema dignità e rigore. Amava le cose belle, forse perché rappresentavano la sua rivincita nei confronti della vita che con lei era stata così severa.

Quei rotoli sono diventati preziose lenzuola ricamate a mano con dedizione, con inseriti lavorati all’uncinetto in sequenze geometriche e floreali complesse, sono diventati asciugamani eleganti e tovaglie così belle e inamidate da renderne l’uso un evento.

Ho timore di usare quelle tovaglie. Sono come delle reliquie, da ammirare, accarezzare un attimo e richiudere nella scatola dei ricordi.  Le persone con la loro forza di volontà riescono a compiere imprese mirabili e le tovaglie ricamate ne sono un’elegante esempio.

Con il passare degli anni è cambiato tutto. Le campagne si sono svuotate, è arrivata l’industria tessile, le confezioni.  I rotoli di stoffa sono rimasti chiusi nei bauli nelle soffitte di quelle bambine diventate donne, e il loro valore è iniquo rispetto all’artigianalità del lavoro allora necessario alla loro creazione.

Siamo riusciti a vendere quasi tutti i torselli che abbiamo trovato in soffitta, appartenuti a mia mamma e mia zia. Gli acquirenti sono per la maggior parte dei paesi del nord Europa, dove il pregio della naturalità dei tessuti e l’assenza di coloranti chimici vengono maggiormente apprezzati.

Credo di aver dormito una sola volta con mia nonna M. nel suo letto, e ricordo le federe bianche e perfette, il fresco del tessuto sulla guancia, mentre per farmi addormentare cantilenava la filastrocca del Topolino di campagna e del Topolino di città. Mi accorgo che la malinconia ed il distacco hanno immagini, colori e suoni, sono sentimenti sinestetici e multiformi. Il cassetto in legno con il suo stridio, l’odore della naftalina e della lavanda, le pieghe perfette.

Sono usciti tutti questi ricordi dal baule insieme ai rotoli di stoffa, con il loro anelito antico e le piccole macchie d’umidità sui bordi a  ricordare l’inesorabile trascorrere del tempo.